Domenico Guerello
Domenico Guerello si forma a Genova, dove compie gli studi classici e si iscrive all’Accademia Navale che presto interrompe per frequentare, fra il 1912 e il 1916, i corsi regolari dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e in seguito la Scuola del Nudo, presso la quale dal 1918 al 1922 è allievo di Tullio Quinzio approfondendo il suo interesse per la figura e la ritrattistica. In questi anni determinante è l’incontro con il collega Alberto Helios Gagliardo, la cui produzione del primo decennio del novecento è caratterizzata da una pittura a divisione di suggestive luminosità e arditi accordi cromatici, applicata spesso a temi d’ispirazione simbolista, che indirizza gli esiti del giovane Guerello. I rapporti con il vivace ambiente artistico ligure – aggiornato sul metodo della scomposizione del colore grazie all’influenza esercitata da Plinio Nomellini, trasferitosi a Genova dalla Toscana nel 1890, da Gaetano Previati, dal 1901 residente a Lavagna per lunghi periodi, da Giuseppe Cominetti, anch’egli a Genova dal 1902, e da Rubaldo Merello, artista locale rinomato per la sua partecipazione al Salon des peintres divisionnistes italiens di Parigi del 1907 – orienta definitivamente la maniera di Guerello, ulteriormente sviluppata a contatto con il critico e pittore d’origine piemontese Paolo de Gaufridy, di cui mutua talune soluzioni formali. Di Previati legge I principi scientifici del Divisionismo e vede la personale allestita nel ridotto del Teatro Carlo Felice di Genova nel 1915, di Giuseppe Pellizza da Volpedo e altri importanti esponenti divisionisti può ammirare le opere regolarmente presenti alle Promotrici genovesi, cui egli stesso prende parte fin dal 1916. A queste date il suo stile ormai maturo si esprime attraverso una tecnica divisionista rielaborata in chiave decorativa, poi totalmente abbandonata dal 1926, che accoglie echi secessionisti con rimandi alla poetica di Novecento. Fra i dipinti più rilevanti di questa fase si ricordano Lavoro quieto, scelta per il debutto di Guerello alla Biennale di Venezia del 1922, Rosita, proposta nel 1926 alla medesima manifestazione, e Calma argentea, ritratto di Alma Fidora, inviata alla Promotrice genovese del 1923 e acquistata dalla Galleria d’Arte Moderna della città, composizioni tutte dal sapore vagamente metafisico in cui figura e paesaggio stagliati nella luce sono sottoposti ad un processo di astrazione frutto di una lenta e meditata assimilazione del soggetto.